Virus di Marburg, come contagia, mortalità, sintomi e curiosità

Se hai già sentito parlare di Ebola, probabilmente conosci anche i rischi legati a virus simili. Il Marburg è infatti un parente stretto dell’Ebola, ma mentre Ebola è più famoso, Marburg non è da sottovalutare.
Cos’è il virus di Marburg?
Il virus di Marburg è un virus a RNA che causa una malattia chiamata febbre emorragica di Marburg. È stato identificato per la prima volta nel 1967, quando scoppiò un’epidemia tra dei lavoratori di laboratorio in Germania e in Serbia. Questi lavoratori erano venuti a contatto con delle scimmie importate dall’Uganda, ed è stato da lì che si è capito che il virus può essere trasmesso da animali all’uomo, proprio come Ebola.
Il virus appartiene alla famiglia dei Filoviridae, e viene trasmesso principalmente attraverso il contatto diretto con fluidi corporei di persone infette o animali. Tuttavia, non si trasmette per via aerea, quindi il rischio di diffusione di massa è relativamente contenuto se vengono prese le giuste precauzioni.
Sintomi della malattia
La febbre emorragica di Marburg è estremamente grave e, purtroppo, anche molto letale. Il tasso di mortalità varia tra il 25% e l’88%, a seconda dell’epidemia e delle condizioni di cura disponibili. Ma quali sono i sintomi? Dopo un periodo di incubazione che varia dai 2 ai 21 giorni, i pazienti iniziano a manifestare sintomi che includono:
- Febbre alta
- Mal di testa intenso
- Dolori muscolari
- Diarrea profusa e acquosa
- Dolori addominali
- Nausea e vomito
Nel giro di pochi giorni, i sintomi peggiorano e si può verificare sanguinamento da diverse parti del corpo, come occhi, orecchie, bocca e organi interni. È proprio questo sanguinamento che rende la malattia così pericolosa, dato che può portare a collasso del sistema circolatorio e morte.
Trattamenti e prevenzione
Al momento, non esiste una cura specifica per il virus di Marburg. Il trattamento è di supporto, il che significa che si interviene per alleviare i sintomi e supportare le funzioni vitali del paziente. Reidratazione e terapia intensiva possono aumentare le possibilità di sopravvivenza, ma è essenziale che la diagnosi avvenga in tempi rapidi.
Per quanto riguarda la prevenzione, evitare il contatto con pipistrelli della frutta e altri animali potenzialmente infetti è cruciale. Gli operatori sanitari devono indossare equipaggiamenti protettivi e seguire protocolli rigorosi quando trattano pazienti infetti per evitare la diffusione.