Chi è Matteo Morreale e perché tratto Malattie Infettive anche se forse non dovrei

Matteo Morreale

Una cosa che mi chiedono di frequente è cosa ho studiato per sapere quello che so. Sono poi frequenti le persone che rimangono un po’ perplesse quando gli rispondo che sono laureato in Informatica presso la facoltà di Matematica, Fisica e Scienze Naturali.

Ed è comprensibile: perché un informatico parla di Malattie Infettive?

Non ho mai fatto mistero della cosa, è addirittura scritto in descrizione in tutti i miei canali e social.
“Sono un appassionato di infettivologia, dai fenomeni dell’immunità alle malattie infettive”

L’interesse per l’infettivologia

E in effetti è così, sono solo un appassionato. L’infettivologia è una materia che mi interessa da quando avevo, credo, 12 o 13 anni quando scoprii l’esistenza del Virus dell’HIV e soprattutto il significato dell’immunodeficienza. Quel giorno penso che non avrò parlato di altro, lo ricordo ancora oggi nitidamente.

Nel corso della mia crescita sono sempre stato orientato ai computer, all’informatica insomma. Ero “bravo con i computer“, sono sempre stati il mio principale interesse ma nonostante questo non ho imparato a programmare fino ai miei 18 anni, quando mi iscrissi all’università.

Sono dislessico, soffro di ADHD con un significativo deficit di attenzione e da ragazzino non ero in grado di autogestirmi e di mettermi autonomamente ad imparare in maniera strutturata. Mi arrendevo al primo intoppo e la mia condizione mi portava ad averne tanti. Così semplicemente non imparai a programmare.

All’università ho avuto la mia prima delusione: programmare era bello solo nella parte creativa di ideazione ma di fatto.. lo odiavo.

Alla fine del liceo avevo davvero poca stima di me, avevo anche pensato alla possibilità di iscrivermi a Medicina ma l’avevo subito scartata per i miei discreti risultati a scuola e per la mia totale incapacità a memorizzare i concetti (ho una pessima memoria). Solo di recente ho realizzato che avrei potuto fare Biologia e Virologia, ma al tempo ogni strada che non fosse Informatica mi sembrava sbagliata, come un hobby a cui non dedicare tempo.

Ad ogni modo l’interesse par la materia rimase sempre ma in maniera marginale, fino al giorno in cui ho conosciuto mia moglie. Lei è infettivologa, ma al tempo era solo studentessa di medicina. Legammo subito e forse anche proprio per questo mio interesse. Oltre al fatto che siamo troppo teneri.

Finalmente avevo trovato qualcuno che mi spiegasse le cose e lei aveva trovato qualcuno a cui interessassero. Prima del COVID c’era una totale repulsione verso le malattie infettive, anzi era argomento da evitare quasi come quando trovi una blatta in bagno.

L’apertura del canale su Youtube e TikTok

Per anni ho parlato con lei del mio interesse a fare divulgazione, ma, seppur stimolato da lei, ho sempre ritenuto che non avendo fatto determinati studi sarei stato un impostore. Chi sono io per parlare di argomenti che migliaia di medici conoscono meglio di me?

Questo fino ad Aprile 2024 quando vidi l’intervista a Barbascura X su Breaking Italy.

Nell’intervista Barbascura X, in totale trasparenza, disse una cosa che io avevo sempre usato come argomentazione quando qualcuno criticava altri perché erano studenti non ancora laureati o senza chissà quali altri titoli.

Lui parla di cose che non sono proprie della sua formazione. È un chimico che parla di animali, ha fatto monologhi su fisica e astrofisica, molto raramente parla di chimica. Eppure lui può farlo, perché studia l’argomento, legge libri, legge pubblicazioni scientifiche, si consulta con chi è competente e solo dopo fa il video.

Quindi posso anche io?

Non è un discorso di “Se lui può, allora posso anche io” ma più un discorso di “In effetti posso anche io“.

Questo perché anche io faccio lo stesso.
Anche io studio l’argomento prima di trattarlo, anche io leggo libri su cui i medici studiano, anche io passo giornate intere a cercare e leggere pubblicazioni scientifiche e, soprattutto, anche io chiedo una mano a chi è specializzato in questo.

E lo faccio su argomenti che nessuno tratta. Non ci sono virologi, infettivologi o epidemiologi che trattano quello che tratto io. Ci sono solo alcuni “opinionisti” ma nessuno che spiega. Figurati trattarlo in maniera semplice, intuitiva e chiara!

Ma precisiamolo subito: mia moglie non c’entra niente.

Cerco di tenerla fuori per non crearle problemi sul lavoro. Metti che un giorno dico una cazzata. E prima o poi sicuramente accadrà perché tutti sbagliano, figurati io. Se la coinvolgessi la colpa per alcuni non sarebbe più mia ma sua. Non esiste proprio. Lei i miei video neppure li vede!

La scienza si è allontanata dalle persone

Il problema della percezione moderna della scienza è che spesso viene elevata su una condizione quasi classista, in cui non puoi parlare di scienza se non fai parte di una certa cerchia (o vogliamo dire élite?) della scienza. Non è più importante il contenuto, non è più importante ciò che dici, come lo dici e quanto sia sostenuto da dati concreti.

È importante chi sei e che titoli hai, se non li hai allora vai blastato e devi tacere.
Non è più lecito neppure fare domande per capirne di più, non devi capire perché non sei nessuno.

Un modo di fare che io non tollero e mi dispiace aver realizzato tardi che “il blast” sui social, è un errore che abbiamo pagato caro.

Abbiamo perso contatto con un’enorme fascia di popolazione durante la pandemia proprio perché la classe scientifica comunicava con arroganza dati e concetti complicati senza semplificarli, ignorando le necessità e capacità di interiorizzare quei concetti delle persone che ascoltavano.
Dall’altro lato, invece, c’erano persone in totale malafede, che ignoravano completamente ogni evidenza, che non si curavano minimamente di approfondire l’argomento ma che sapevano spiegare quello che volevano comunicare con facilità.

Non sono il divulgatore che meritate, ma sono quello che avrete

E non scherzo su questo, è vero. Delle migliaia di specialisti del settore io vorrei tanto che qualcuno trattasse gli argomenti che tratto io con la stessa facilità, sicuramente lo farebbe meglio!

Ma non c’è. Quindi vi tocco io.

Nel 2010 ho iniziato ad occuparmi di comunicazione, mi piacevano editoria e marketing perché mi piaceva poter comunicare e che fossero prodotti o altro andava bene lo stesso. Al tempo non avevo ancora realizzato che il marketing moderno non ha come prodotto il “prodotto” ma l’utente.

Nel momento in cui si è passati dalla comunicazione del prodotto al “il cliente è il prodotto” e quindi “i dati sono il prodotto”, si è passati al fare comunicazione non per vendere un prodotto o un servizio, ma solo per avere dati sulle persone a cui avremmo potuto vendere quella cosa, a priori dal suo effettivo valore.

Insomma, smise di piacermi. Ma rimanevo un comunicatore.

So come parlare alle persone per fargli arrivare un concetto.
So come intrattenere.
Sono un uomo di scienza che sa dove reperire le informazioni e come pesarle.
So chiedere aiuto a chi è più bravo di me.

So cosa non devo fare, i limiti da non superare.

Per questo ho deciso che sì, potevo fare divulgazione scientifica ma soprattutto che potevo fare una cosa che mi diverte tanto.

Sui miei canali mi limito a spiegarvi come funzionano le cose, dopodiché la scelta è vostra. In totale libertà, prendete quelle nozioni e fatevi una vostra opinione.
Non ho mai dato né darò mai indicazioni terapeutiche, non vi dirò cosa fare e cosa non fare nel trattamento delle malattie né vi insulterò per le vostre opinioni (ma mi difenderò se mi offendete!).